29 Giu Atti unilaterali d’obbligo e convenzioni (servitù) tra privati che derogano alle distanze tra costruzioni
(Sintesi della Risposta a Quesito 478-2012/C di Manuela Scalisi, in Notiziario Consiglio Nazionale del Notariato dell’ 8.6.2018)
La norma dettata dal codice civile in materia di distanze nelle costruzioni, è l’art. 873, il quale testualmente dispone che “le costruzioni sui fondi finitimi se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non inferiore di tre metri.
Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”. Si lascia così campo d’azione agli strumenti urbanistici locali, i quali possono prevedere distanze maggiori rispetto a quella minima, pari a tre metri.
I Comuni, però, nel predisporre gli strumenti urbanistici locali, non hanno discrezionalità assoluta: deve tenersi presente quanto disposto dal D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, il quale, all’art. 9, prescrive il limite minimo di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti.
Tale normativa è posta a tutela di interessi pubblicistici ed è pertanto inderogabile, come precisato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel 2011 (sentenza n. 14953).
Pertanto:
– nel caso in cui le norme tecniche di attuazione di un Piano Regolatore ammettano di costruire a una distanza inferiore a dieci metri tra edifici con pareti finestrate, le stesse saranno senz’altro illegittime, e verranno sostituite automaticamente dalla previsione del limite di cui all’art. 9 del suddetto decreto;
– nel caso in cui un atto privatistico disapplichi le distanze minime previste dall’art. 9 del suddetto decreto, lo stesso sarà contra legem, con tutte le relative conseguenze sul piano disciplinare.
Peraltro:
– la distanza stabilita dalla norma ha valore assoluto solo in relazione all’esistenza di pareti frontistanti, almeno una delle quali con pareti finestrate;
– la giurisprudenza tende ad escludere che i limiti in esame si applichino agli immobili che costituiscano il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione (Cons. giust. amm. Sicilia, 3 marzo 2017 n. 74, Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522).
Il divieto in esame, infine, si applica alle “costruzioni”, ossia a quei fabbricati che, in quanto muniti di specifiche perimetrazioni, risultino essere edifici veri e propri (Cass. pen. sez. fer. 30 luglio 2014 n. 35578).
La questione, in particolare, si è posta per le tettoie.
La sentenza da ultimo ricordata è stata molto chiara nell’escludere la tettoia dal calcolo della distanza tra edifici frontistanti: nel caso di specie si trattava di un fienile-tettoia retto da pilastri ma non fornito di pareti (né finestre).
Vi sono, però, numerose sentenze, anche di merito, che sottolineano che la tettoia debba intendersi come “costruzione”, ai fini dell’osservanza delle distanze legali di cui all’art. 873 c.c.
Emerso questo ulteriore indirizzo giurisprudenziale, si badi riferito al solo art. 873 c.c., si consiglia al Notaio di valutare prudentemente l’opportunità di rogare l’atto richiesto, se del caso supportato da una consulenza tecnica.
Per maggiori informazioni Contattaci!